MAINSTREAM

NORMALITà. ecco una delle parole che più mi fa venire un senso di prurito in tutto il corpo. una casa normale, un lavoro normale, una relazione normale, de* figl* normali. una vita normale. chi definisce la normalità? una statistica? una maggioranza democratica? l’assenza di patologie? quella di Truman era una vita normale??? mi innervosisco.

‘Non deve sorprendere che chi sente la spinta a correggere gli errori della nostra cultura possa essere dispotico, intollerante e incline alla faziosità e alle lotte intestine. Siamo tutti oppressi da una dominazione interna. Il desiderio di cambiare il mondo ci spinge ad usare ogni tipo di potere. Una vittima dell’antisemitismo può essere razzista. Una vittima del razzismo può essere omosessuofobico. Alcune vittime dell’omosessuofobia sono sessiste. Chiunque di noi può essere vittima di un processo e simultaneamente carnefice in un altro’

Arnold Mindell

nonostante questa mia repulsione nei confronti della ‘normalità’, non posso fare a meno di pensare che come c’è un pensiero dominante in ogni cultura, così è presente un pensiero dominante in ogni individuo, me compresa. e allora penso: qual è il mainstream dei miei pensieri? quando mi sento normale, a mio agio in una situazione, coerente con i miei valori?

definire cosa per me è normale e cosa non lo è mi mette in guardia sul pregiudizio, e quindi sul possibile abuso che posso fare rispetto a quelle parti di me che tendo a marginalizzare. più mi definisco e racchiudo il mio essere entro certi schemi, più definisco ciò che non sono, che è altro da me. e così divido, separo, escludo, strappo.

mainstream è l’idea di brava ragazza che ho di me,

laureata, pulita, altruista, educata, morbida e dolce,

è l’abitudine a mangiare sempre un po’ di più del necessario e vedermi grassa

(e il pensiero che è compensazione per mancanza d’affetto),

è quel sentimento di inadeguatezza costante, non sentirmi mai né carne né pesce,

è un muro di tabù,

è quel leggero senso di colpa se mi metto i tacchi e il rossetto rosso,

è il pensare che non ce la farò perché sono una donna,

è non esprimere i miei sentimenti, e la rabbia in particolare,

è la paura di viaggiare da sola e la pretesa di non aver bisogno dell’aiuto di nessun*,

è sottomissione e seduzione,

è il principe azzurro, il cavallo bianco e il castello in cima alla collina.

 

e tu? cosa fai per essere accettat*?

quali pensieri allontani perché non conformi a ciò che ti è stato insegnato essere giusto?

passeggiando per le vie del centro e guardando le persone che incontri, cosa consideri normale e cosa no?

cactus mainstream