Agenti del Cambiamento a Panta Rei

Conosci la terra dei limoni in fiore,dove le arance d’oro splendono tra le foglie scure,

dal cielo azzurro spira un mite vento,

quieto sta il mirto e l’alloro è eccelso,

la conosci forse? 

Johann Wolfgang von Goethe

Ho risalito lo stivale di notte, in bus, rannicchiata in uno spazi troppo piccolo per poter dormire. In uno stato di dormiveglia rattrappito, mi immaginavo che, come me, tante persone stavano viaggiando verso il centro Italia, verso quelle calde costruzioni in paglia e terra cruda con vista sul Trasimeno del centro Panta Rei. e mi chiedevo che faccia avrebbero avuto quelle persone di cui avevo letto le biografie, a volte direi quasi le gesta: quasi 80 persone che lavorano attivamente per il cambiamento, sociale, politico, economico, ecologico, spirituale, nel nostro Paese, e che decidono di incontrarsi fisicamente, per due giorni, per conoscersi e co-creare.

mi sentivo emozionata, orgogliosa di essere stata chiamata a facilitare l’incontro, con quella sensazione di ‘ommamma-e-adesso’ di quando mi trovo davanti un foglio bianco.

ecco, un foglio bianco… questa è l’mmagine: come se ogni persona arrivata a Panta, nello scorso splendido week end ottobrino, fosse un pennarello colorato, e la cartuccia fosse riempita con tutte le esperienze fatte, le storie, le sfide superate o meno, le ferite, i sogni di una vita. e con tutta quella meravigliosa diversità di sfumature ci siamo messi a disegnare l’Italia che vogliamo, in una storia futura tutta da pensare e costruire.

e l’abbiamo fatto con gioia e positività, senza evitare i temi scottanti e le difficoltà, ma divertendoci prima di tutto, condividendo il passato ed i sogni per il futuro, e con il fuoco nel presente: cosa posso fare io, a partire da oggi, per vedere realizzati i miei sogni domani?

oppure ci penso come le maglie di un telaio, e la trama che esce dalla tessitura non può essere perfetta se non coinvolgendo ogni elemento del telaio stesso: quando riusciamo davvero a dar voce a tutt*, a lasciare che ognun* esprima i propri talenti, in una danza di co-creazione della realtà, possono accadere cose magiche.

nel momento di conoscenza in cerchio, un gomitolo di lana si svolgeva saltando da un partecipante all’altra, e la rete che si formava non era solo un meraviglioso intreccio colorato, ma qualcosa di più profondo, come una connessione tra cuori e cuori, menti e menti, anime e anime. e non è stata forse magia che il gomitolo è finito e-s-a-t-t-a-m-e-n-t-e quando TUTT* si erano presentat*?? per me lo è.

è stato un onore per me ricoprire il ruolo ufficiale di facilitatrice (e scrivo ufficiale perchè tutt* hanno un ruolo nella facilitazione) in questo incontro: mi sono trovata, come spesso mi accade in questo tipo di occasioni, come fuori dal tempo e dallo spazio, connessa così profondamente al qui-e-ora (di allora), che ogni altra cosa era lontanissima, e presente allo stesso tempo.

ringrazio Alberto de il Movimento Lento per aver pensato a me per la facilitazione, la bellissima collaborazione con Filippo di TribeWanted, Daniel e tutto il gruppo di Italia che Cambia per la passione che mettono in questo progetto, Dino e Maria Luisa di Panta Rei per quel luogo magico e per tutte le esperienze pregresse passate insieme, a tutt* le/i partecipanti. nella speranza di poterl* abbracciare presto di nuovo una ad uno, e le cui storie porto dentro come gemme preziose.

e grazie a* mie* compagn* di Comunitazione che sempre mi supportano, alla gustosissima cucina macro-vegana, alla luce e al calore della serra solare, al potere aggregante della porchetta, alla biodiversità di cui ognun* è portatrice (e riscontrabile nei cartellini coi nomi che ognun* autocreava), agli abbracci e agli sguardi, alla drum session e alla pizzica, ai miei fedeli campanellini, al cielo stellato, all’energia che si rigenera ballando…

… e grazie alla Magia, che tutto rende possibile.

 

MADRID – IMPULSING EXCHANGE FOR CHANGE

Appena atterrata in Italia, dopo quattro intensissimi giorni di evento a Madrid: il primo raduno europeo sulla metodologia Oasis e la conferenza ‘impulsing exchange for change’.

C’è fermento, nell’aria.

Per chi non l’avesse ancora saputo (o voluto sapere) ci sono decine, centinaia, migliaia di persone che ogni giorno lavorano per il cambiamento.

È un cambiamento dolce, fatto di piccoli eleganti passi, senza fretta, ma decisi.

È un cambiamento che parla una lingua babelica, fatta anche di abbracci e sguardi.

È un cambiamento che parte dalla singola persona, da me, e si espande tutto intorno, come una risata contagiosa.

In questi giorni persone da tutt’Europa si sono scambiate esperienze, ci siamo apprezzate per il lavoro svolto, abbiamo incontrato la comunità locale, e insieme abbiamo sognato, progettato, discusso e… celebrato!!

Rientro a casa con una piacevole sensazione. È come se persone che non si conoscono, che vivono a migliaia di chilometri di distanza, stessero sognando lo stesso sogno, stessero costruendo lo stesso mondo, ognun* nei suoi canali, con i suoi mezzi.. ma tutt* spinti come da un vento, dentro, potentissimo.

Non possono dividere le vite private dal lavoro, l’attivismo sociale dalla crescita spirituale. Il mondo è un prato in fiore, e loro sonio le api che si incrociano e impollinano.

Quando incontrate una di queste persone, potete riconoscerle facilmente: hanno una luce negli occhi che vale molto più di mille biglietti da visita.

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Preparandomi per il WORLDWORK

Oggi i problemi politici mondiali non sono solo affare per la parte ricca e educata della società, così come lo sviluppo economico non è solo questione di borsa.

Nel nostro magico piccolo pianeta, dove l’atmosfera non può più esser controllata da scienziati, politici, preti o stregoni, la situazione mondiale è affare di tutt*.

Non possiamo permetterci di lasciarla ad altr*.

Il tempo è maturo per sviluppare un Worldwork che connetta esperienze transpersonali  con la realtà mondana, il servizio spirituale e l’attività politica, l’altruismo orientale e il razionalismo occidentale, il lavoro con i sogni e quello con il corpo.

Arnold Mindell – ‘The leader as a martial artist’

Il tempo è quello giusto, è adesso.

Non possiamo più sommergere i disaccordi nel politically correct, non possiamo aspettarci che qualcun altr* scelga per noi: è tempo di sedere nel fuoco del conflitto, guardare l’altr* negli occhi, vederne tutta la diversità, sentire come attraverso l’incontro possiamo conoscere noi stess* più profondamente.

E’ il momento di portare la pace nelle nostre case, nei nostri uffici, nelle nostre relazioni, qui e ora, e così portare pace in Ucraina, in Palestina, in Egitto. Non possiamo permetterci di rimandare, aspettare, delegare.

Le situazioni turbolente che si presentano durante i periodi di rapido cambiamento, e persino le rivoluzioni, sono piene di potenziale significato e ordine.

Direi che la mia vita non è mai stata così piena di emozioni contrastanti come negli ultimi mesi, così caotica, depressa, adrenalinica, autodistruttiva, entusiasmante.

Direi che sono pronta per il mio primo Worldwork.

27 Aprile | 2 Maggio 2014 | Warsaw

Il Worldwork è stato sviluppato da Arnold Mindell, fondatore della Process Oriented Psychology e dai suoi collegh*. Il Worldwork è un seminario esperienziale di 6 giorni che ha luogo circa ogni due anni, sui conflitti e la costruzione di comunità: tre-quattrocento persone provenienti da oltre trenta paesi si riuniscono in un forum per concentrarsi su argomenti legati alla politica, all’ambiente, al sociale, utilizzando gli strumenti della Deep Democracy.

Celebrare il proprio Rango

Citazione

Qualunque sia il nostro rango, sociale, spirituale, psicologico o contestuale, è spesso una sfida diventarne consapevol*, e diventare consapevol* dei privilegi che ne derivano. Con la consapevolezza arriva la possibilità di usare il potere in nome della comunità: ecco alcune vie che permettono di fare un buon uso del proprio rango:

  • ricorda di amare e rispettare te stess*: questo ti permetterà di essere più gentile con l’altr*
  • divertiti nell’esprimerti e nel parlare, e prendi in considerazione l’ascolto profondo dell’altr*
  • considera l’uscire dalla tua ‘comfort zone‘, permettiti differenti stili nella comunicazione, sperimentati in ruoli differenti dalla norma…
  • esprimi fino in fondo la tua posizione e le tue idee, poi sperimenta un punto di vista diverso, mettendoti nei panni dell’altra persona
  • sii dispost* ad imparare dall’altr*, e ad insegnare ciò che sai
  • cerca di prevedere dove avrai un rango alto: non cercare di nasconderlo a te stesso ne’ agli altr*. Riconosci di avere un rango ed impara ad usarlo nel migliore dei modi
  • trova e gioisci della libertà che hai nelle situazioni dove hai meno rango, esattamente per questo motivo. Usa la tua libertà a beneficio di tutt*.
  • considera il feedback dell’altr* su come usi il tuo potere
  • rifletti su come il tuo rango può essere usato a beneficio del sistema, ad esempio per creare cambiamento o per far crescere la consapevolezza circa un argomento o per far sentire l’altr* a proprio agio…

maestra

mappe di facilitazione

ecco il bellissimo articolo di partenza del sito www.facilitazione.net, uscito nel primo giorno di primavera! grazie a tutt* coloro che si stanno impegnando nella diffusione di strumenti per la facilitazione e la comunicazione!

21 marzo 2034

Il tempo del lupo solitario è finito. Radunatevi.

Sono passati 20 anni da quando ci dicevamo queste parole, e ora sì, davvero possiamo dire che è finito il tempo del lupo solitario.

Abbiamo visto cambiare così tante cose in questi vent’anni, che quasi ci sembra incredibile che sia iniziato tutto dal lancio del sito facilitazione.net, il primo giorno di primavera del 2014.

Il cambiamento più evidente è che ora in ogni città e paese d’Italia esiste una rete di facilitatori e facilitatrici che supporta la vita della comunità e sostiene le istituzioni locali nel loro lavoro: da qualche anno, molti Comuni usano ormai quotidianamente il metodo del consenso, e quelli che ancora non lo hanno adottato si stanno formando sui vari metodi di facilitazione. Insomma, a 20 anni dalla nascita del sito facilitazione.net, il meccanismo del voto e della democrazia rappresentativa sta diventando obsoleto, rimpiazzato da nuovi processi decisionali collaborativi, anche grazie al fatto che le persone hanno imparato a usare la legge dei due piedi in maniera propositiva, con libertà e responsabilità.

I gruppi, di qualunque tipo, dalle associazioni, alle aziende, alle scuole, hanno imparato tecniche di facilitazione e comunicazione che hanno reso molto più efficace il loro lavoro, riuscendo a portare alla luce il loro potenziale. La piacevole conseguenza è che ora abbiamo tantissimo tempo libero, che usiamo per sostenere persone e paesi in difficoltà.

Ma l’efficacia da sola sarebbe ben poca cosa, se in questi anni non avessimo anche iniziato a vivere sempre meglio.

Abbiamo imparato a prenderci cura gli uni degli altri. Adesso, dopo le riunioni, è normale fermarsi a cenare insieme, e poi a chiacchierare e cantare attorno a un fuoco, oppure a farsi massaggi rilassanti a vicenda. Emblematico è quello che è successo l’altra sera alla riunione di un GAS: quando un chiacchierone ha interrotto come al solito, le persone, invece di sbuffare, lo hanno aiutato a capire di cosa avesse bisogno in quel momento (una boccata d’aria e qualche minuto di pausa fanno miracoli!).

Abbiamo capito quanto sia importante ascoltare tutti, per dare vita ad azioni frutto della creatività collettiva e sostenute da ogni membro del gruppo. Finalmente tutti sono inclusi.

Abbiamo imparato a utilizzare la nostra energia all’unisono, dimostrando concretamente quanto gli esseri umani siano interdipendenti: sempre più persone sono consapevoli che il proprio benessere dipende dal benessere della comunità.

Insomma, ora quando ci incontriamo per lavorare su qualunque progetto, succede una cosa strana: le persone escono più felici e gioiose di quando sono entrate.

E nella vita quotidiana? Anche qui, ripensando a com’era la nostra vita 20 anni fa, è stupefacente rendersi conto che le persone ora si ascoltano e comunicano realmente in maniera empatica, senza giudicare l’altro, ma cercando di comprendere i suoi bisogni. Genitori e figli hanno imparato a comunicare in maniera non violenta, e anche se questo non elimina certo i litigi familiari, ha contribuito a creare un clima di enorme fiducia e a tenere aperto un canale comunicativo anche nelle fasi più delicate della crescita dei ragazzi.

C’è un diffuso senso di fiducia e apertura verso l’altro. Non abbiamo più paura degli stranieri e di chi ci appare diverso, perché abbiamo imparato a far convivere le differenze pacificamente, e ad apprezzare la creatività, resilienza e adattabilità che esse ci portano. Ci sentiamo sostenuti e supportati sul luogo di lavoro, in famiglia e nei gruppi cui apparteniamo, e se abbiamo un  problema non abbiamo più paura o vergogna a chiedere aiuto.

Nessuno si sente più solo a meno che non cerchi la propria solitudine.

Il tempo del lupo solitario è davvero finito.

Dopo aver ripercorso la storia di questi 20 anni indimenticabili, potreste essere curiosi di sapere chi sono le persone che hanno dato inizio a tutto questo, e di capire di più quali sono l’etica, i principi e la missione del sito. Per iniziare, potete trovare maggiori informazioni sulla facilitazione, la sua storia e le attitudini necessarie. Poi potete approfondire le varie metodologie, che sono classificate in ordine alfabetico e in base al loro utilizzo. Per una mappa italiana di facilitatori, facilitatrici, associazioni e scuole di facilitazione potete cliccare qui. I corsi e gli eventi relativi al mondo della facilitazione sono raccolti in un calendario, mentre in altre risorse trovate libri,siti e video su vari argomenti. Mandateci i vostri suggerimenti!

mappa_facilitazione

Deep-ressione

(riflessioni al termine di un workshop di Process Work su depressione e dipendenza)

io sono sola nella mia malattia (che sia raffreddore o depressione, per il Process Work non c’è molta differenza): una parte di me la crea, ed io ho la responsabilità della guarigione.

allo stesso modo se l’altr* decide di nascere, trasformarsi o morire, io non posso farmene ne’ una colpa ne’ un merito. detto questo, insieme possiamo creare qualcosa, un processo di guarigione profonda. questi tre giorni sono stati per me un importante esempio di consapevolezza in questa direzione.

la condivisione dell’esperienza personale è di per sé guarigione: sentire nell’altro una parte di me, condividere l’emozione che sta dietro una storia, unisce, e guarisce. perlomeno quel* bambin* che ha bisogno di essere visto e ascoltato.

poi, nel processo di gruppo, avviene qualcos’altro, qualcosa di magico che ogni volta mi lascia con un senso di pienezza e gratitudine. quel corpo, quell’entità che siamo noi, soffre degli stessi sintomi dei singoli. la depressione è un sintomo sociale. e trovo che la metodologia di lavoro di gruppo orientata al processo, sviluppata da Mindell, sia uno strumento di grande consapevolezza, sia che si parli di depressione quanto di questioni raziali.

al termine del seminario abbiamo affrontato una questione ‘filosofica’: cosa fare con quelle parti di me che mi creano sofferenza e autodistruzione? le ‘uccido’, sgretolo, composto e le trasformo in qualcosa di nuovo? o le accetto, le integro come parti che se reprimo rischiano di tornare sotto altra veste? il gruppo si è fortemente polarizzato, ed ognun* ha preso posto nel campo, entrando nel ruolo che sentiva più affine alla sua esperienza in quel preciso momento della sua vita.

la discussione si è accesa in un potente climax emozionale: quando i ruoli più estremisti hanno espresso la loro voce, la facilitatrice, Ana Rhodes, ha suggerito uno scambio di ruoli. questo movimento ha permesso la comprensione della differenza ed ha portato la discussione ad un piano più profondo, alla fine della quale ognun* ha potuto scegliere la propria posizione nel campo polarizzato con maggior consapevolezza.

l’atmosfera, a conclusione del processo, era di grande accettazione e integrazione: ho sentito la temporaneità di ogni ruolo, la bellezza dell’equilibrio raggiunto attraverso il conflitto, e la temporaneità di quell’equilibrio stesso.

grazie Ana per aver condotto il gruppo attraverso un piccolo ‘suicidio congruente’,

grazie a tutt* coloro che hanno creato quel sistema, meraviglioso ologramma della società in cui vivo.

grazie a me, per il coraggio e la passione. :-)

(nel tempo in cui ho scritto quest’articolo, mi sono strafogata una barretta di cioccolato, tanto per non dimenticarmi di cos’è per me la depressione…)

edge

Open Forum a Ceglie messapica

cosa ci fanno un prete, un assessore, una studentessa di liceo, un attore e un’altra quarantina di persone sul palco di un teatro, seduti in cerchio?

potrebbe essere l’inizio di una barzelletta, o l’inizio di una ri-evoluzione. per me è stata di sicuro la seconda, anche se la componente ‘risata’ è stata fondamentale nell’Open Forum che si è svolto a Ceglie Messapica un paio di settimane fa,  a conclusione di un training sulla Deep Democracy.

il tema che avevamo scelto con il gruppo di ComuniTazione era la partecipazione a Ceglie. esistono forme di partecipazione reale tra cittadini, istituzioni e associazioni? come funzionano? come potrebbero essere più efficaci? strumenti, metodi, idee per disegnare insieme oggi la realtà di domani.

ero emozionata. uno dei primi Open Forum in Italia! ero curiosa di vedere come avrebbero reagito i rappresentanti delle tante associazioni coinvolte, quali fantasmi sarebbero emersi. Robert ed io vestiti entramb* di nero, da veri facilitatori-ghost-busters! (non era voluto, ma niente è a caso…)

il politically correct ha connotato la prima parte dell’evento: ogni voce aveva la possibilità di esprimersi, tutt* ci tenevano a presentarsi, a mostrare come il qualcosa che erano lì a rappresentare faccia il possibile per il cambiamento, per il miglioramento del paese della Val d’Itria. Sforzi e limiti venivano espressi, senza sbilanciarsi troppo…

il ruolo dei sentimenti nell’Open Forum è per me ciò che lo differenzia da altri strumenti di esplorazione di un tema: l’atmosfera del campo creata dal gruppo è cambiata profondamente nel momento in cui un’artista presente ha comunicato il suo dolore nel non riuscire ad entrare in contatto con la comunità locale, nonostante le numerose iniziative. quel sentimento di frustrazione per non essere ascoltati, quel non riuscire a comunicare, in qualche modo accumunava tutt* sul palco, mogli e mariti, amministrazione e cittadin*, adulti e adolescenti.

nel momento in cui quel sentimento è stato espresso, si è aperto come un vaso di Pandora, il teatro è stato sommerso da un fluido che collegava tutt*: una lingua comune da quel momento poteva essere usata, ognun* poteva sentirsi liber* di esprimersi, sarebbe sta* ascoltat*.

quel terreno collettivo, quell’humus fertile, ha permesso di passare ad un gioco di ruoli. individuati i ruoli che polarizzavano la situazione, nello scopo di far emergere una consapevolezza comune, tutt* i/le partecipant* potevano entrare nel campo, esprimere il loro sentire da uno dei punti di vista, passare da un ruolo all’altro, far emergere la necessità di altri ruoli… quindi chi ha voluto, anche per pochi minuti, ha potuto vestire i panni dell’assessore, e l’assessore, libero dal suo usuale ruolo, ha potuto esprimere il cittadino-che-non-ha-voglia-di-partecipare-ad-un-bel-niente che era in lui.

e credo che per tutt* sia stato un momento catartico quando I., nel ruolo della pubblica amministrazione, ha chiesto ad un cittadino lamentoso: ‘ma tu che vuoi??

il silenzio seguito a quella domanda ha racchiuso per me il senso della partecipazione:

il non delegare ad astratti enti competenti, ma prendersi la responsabilità delle proprie idee e azioni,

il saper entrare in contatto con sé quanto con l’ambiente, per poi esprimere sogni e bisogni

il diritto alla partecipazione è di ognun*, come lo è stare a guardare, non far niente, o aver bisogno di tempo per contattare i propri bisogni.

quest’incontro è stato per me come una danza, e i diversi dialetti presenti, la musica: avvicinarsi e allontanarsi, cercarsi, confrontarsi, sfidarsi e passare con disinvoltura da un ruolo all’altro.

come costruire la pace a ritmo di tarantella…

grazie

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Un Trullo in Festa

in una striscia di terra rossa e densa come la cotognata, tra alti palazzi e la ferrovia, la musica techno-salentina suona, il profumo dei panzerotti nell’aria, lo scirocco umido arriccia un po’ i cartoncini colorati appesi al melo cotogno. è proprio aria di festa. adoro la celebrazione, soprattutto quando diventa la scusa per incontrarsi e condividere sogni e talenti.

paga il conto con un racconto. l’idea è di chiamare le persone del quartiere intorno a caffè e biscotti, e raccogliere storie di un passato più o meno lontano: quei momenti che creano appartenenza.

c’è chi si avvicina sospettos*, no, signora, non c’è niente da pagare, ma se vuole può raccontarci una storia, chi sta in disparte e guarda, e quei bambini tornati mille volte per un biscotto, un biscotto per un disegno! qualche donna col grembiule affacciata alle terrazze degli alti palazzi intorno, incuriosite, chissà cosa le ha trattenute dallo scendere. e noi che ci improvvisiamo camerier* di un bar che ha come soffitto le nuvole che passano veloci, e passiamo tra i tavoli ad ascoltare racconti e rimpianti, finché non scende la notte.

io mi fermo più volte a leggere dal melo cotogno. e se davvero fosse tutto possibile? se davvero quel sogno, che non è mio, né tuo, ma nostro, potesse realizzarsi? se insieme riuscissimo a dare un nome a quel quartiere che non ce l’ha?

partecipazione, improvvisazione, celebrazione, ri-evoluzione, appartenenza, comunità. queste parole ronzano nella mia testa, e si trasformano in realtà davanti ai miei occhi. diventano gli scout nelle danze di gruppo francesi, e il gruppo bocciofilo che dà spettacolo, e la danza col fuoco a piedi scalzi sul cemento, e i ragazzi sui ‘carrettoni’ che fanno a gara a chi arriva per primo in fondo alla discesa, e la perfetta non-organizzazione, e il pianoforte in mezzo alla strada, e l’orto sinergico coi bambini nell’aiuola a chiave di violino, e il tiro alla fune, e gli arcieri, e la musica…

…sempre musica, che sostiene come terra, e fa respirare come l’aria, e fa muovere come il fuoco, e incanta come il mare.

e quel piccolo trullo, bianco che brilla, che per una sera mi sembra il centro del mondo.

evento organizzato per il decimo anniversario di Casarmonica, in collaborazione con ComuniTazione, presso Ceglie Messapica

complessità e semplicità

un paio d’ore di coincidenza a Roma: troppo tempo per star seduta ad un caffè, troppo poco per un giro lontano dalla stazione… quale miglior occasione di respirare un po’ di Santa Maria degli Angeli??

e mentre camminavo sotto quelle volte a crociera, ricordandomi delle gite universitarie di storia dell’architettura, mi ha colpito la forza straordinaria di quel luogo. in particolare come l’antica struttura romana (la chiesa nasce sulle spoglie delle terme di Diocleziano) sia stata esaltata dall’intervento di Michelangelo.

la semplicità degli spazi, la grandezza e la pulizia delle volte, incorniciati da un manierismo denso e sensuale.

e allora pensavo alla magia della diversità, del contrasto. di come elementi così differenti tra loro possano dare origine a tanta bellezza.

ed è proprio in quella linea di confine, quel limite che è come un abbraccio, che io vedo il potere del cambiamento. l’umiltà dello stare insieme. il rispetto. il reciproco sostegno. l’amore.

complessità e semplicità

complessità e semplicità