Celebrare il proprio Rango

Citazione

Qualunque sia il nostro rango, sociale, spirituale, psicologico o contestuale, è spesso una sfida diventarne consapevol*, e diventare consapevol* dei privilegi che ne derivano. Con la consapevolezza arriva la possibilità di usare il potere in nome della comunità: ecco alcune vie che permettono di fare un buon uso del proprio rango:

  • ricorda di amare e rispettare te stess*: questo ti permetterà di essere più gentile con l’altr*
  • divertiti nell’esprimerti e nel parlare, e prendi in considerazione l’ascolto profondo dell’altr*
  • considera l’uscire dalla tua ‘comfort zone‘, permettiti differenti stili nella comunicazione, sperimentati in ruoli differenti dalla norma…
  • esprimi fino in fondo la tua posizione e le tue idee, poi sperimenta un punto di vista diverso, mettendoti nei panni dell’altra persona
  • sii dispost* ad imparare dall’altr*, e ad insegnare ciò che sai
  • cerca di prevedere dove avrai un rango alto: non cercare di nasconderlo a te stesso ne’ agli altr*. Riconosci di avere un rango ed impara ad usarlo nel migliore dei modi
  • trova e gioisci della libertà che hai nelle situazioni dove hai meno rango, esattamente per questo motivo. Usa la tua libertà a beneficio di tutt*.
  • considera il feedback dell’altr* su come usi il tuo potere
  • rifletti su come il tuo rango può essere usato a beneficio del sistema, ad esempio per creare cambiamento o per far crescere la consapevolezza circa un argomento o per far sentire l’altr* a proprio agio…

maestra

Deep-ressione

(riflessioni al termine di un workshop di Process Work su depressione e dipendenza)

io sono sola nella mia malattia (che sia raffreddore o depressione, per il Process Work non c’è molta differenza): una parte di me la crea, ed io ho la responsabilità della guarigione.

allo stesso modo se l’altr* decide di nascere, trasformarsi o morire, io non posso farmene ne’ una colpa ne’ un merito. detto questo, insieme possiamo creare qualcosa, un processo di guarigione profonda. questi tre giorni sono stati per me un importante esempio di consapevolezza in questa direzione.

la condivisione dell’esperienza personale è di per sé guarigione: sentire nell’altro una parte di me, condividere l’emozione che sta dietro una storia, unisce, e guarisce. perlomeno quel* bambin* che ha bisogno di essere visto e ascoltato.

poi, nel processo di gruppo, avviene qualcos’altro, qualcosa di magico che ogni volta mi lascia con un senso di pienezza e gratitudine. quel corpo, quell’entità che siamo noi, soffre degli stessi sintomi dei singoli. la depressione è un sintomo sociale. e trovo che la metodologia di lavoro di gruppo orientata al processo, sviluppata da Mindell, sia uno strumento di grande consapevolezza, sia che si parli di depressione quanto di questioni raziali.

al termine del seminario abbiamo affrontato una questione ‘filosofica’: cosa fare con quelle parti di me che mi creano sofferenza e autodistruzione? le ‘uccido’, sgretolo, composto e le trasformo in qualcosa di nuovo? o le accetto, le integro come parti che se reprimo rischiano di tornare sotto altra veste? il gruppo si è fortemente polarizzato, ed ognun* ha preso posto nel campo, entrando nel ruolo che sentiva più affine alla sua esperienza in quel preciso momento della sua vita.

la discussione si è accesa in un potente climax emozionale: quando i ruoli più estremisti hanno espresso la loro voce, la facilitatrice, Ana Rhodes, ha suggerito uno scambio di ruoli. questo movimento ha permesso la comprensione della differenza ed ha portato la discussione ad un piano più profondo, alla fine della quale ognun* ha potuto scegliere la propria posizione nel campo polarizzato con maggior consapevolezza.

l’atmosfera, a conclusione del processo, era di grande accettazione e integrazione: ho sentito la temporaneità di ogni ruolo, la bellezza dell’equilibrio raggiunto attraverso il conflitto, e la temporaneità di quell’equilibrio stesso.

grazie Ana per aver condotto il gruppo attraverso un piccolo ‘suicidio congruente’,

grazie a tutt* coloro che hanno creato quel sistema, meraviglioso ologramma della società in cui vivo.

grazie a me, per il coraggio e la passione. :-)

(nel tempo in cui ho scritto quest’articolo, mi sono strafogata una barretta di cioccolato, tanto per non dimenticarmi di cos’è per me la depressione…)

edge